Cronaca

Disordini davanti alla Prefettura, condannati 21 attivisti. Ceraolo: "Non tirai sassi né transenne, rischio il carcere"

I fatti tra novembre e dicembre 2012, adesso la sentenza definitiva della Cassazione e le condanna tra cui quella al sindacalista di Asia-Usb: "Non siamo qui a lamentarci, ma serve un aiuto per pagare le spese"

"Per loro sarei il responsabile morale dei fatti, ma non tirai né sassi né transenne. Ora però il rischio il carcere. Hanno colpito chi fa lavoro sociale e sindacato, ma non siamo qui a lamentarci, anche se serve un aiuto per pagare le spese". A parlare è il sindacalista di Asia-Usb e candidato per Potere al Popolo alle ultime elezioni politiche (2018), Giovanni Ceraolo, "condannato - informa lui stesso con un post Facebook - a 2 anni 6 mesi e 20 giorni per i fatti del 2012". Ovvero, quando in città si verificarono tre giorni di disordini con scontri e accuse reciproche tra manifestanti e forze dell'ordine culminate nel cosiddetto "assalto alla prefettura". Per quegli episodi, con sentenza definitiva della Cassazione, sono state condannate 21 persone, tra cui due donne e, appunto, Ceraolo.

"Chiederò le misure alternative - aggiunge il sindacalista -, sarà il giudice a dover accettare o meno la richiesta. Intanto servono oltre 80mila euro per le spese processuali, per questo chiediamo un aiuto. "Una evidente volontà specifica di colpire certe aree politiche", commenta Potere al Popolo, così come per la sigla 'Livorno non si piega' si tratta di "una sentenza politica per punire chi ha affermato la libertà di manifestare".

Nelle pagine successive gli interventi integrali di Ceraolo, Potere al popolo e 'Livorno non si piega!'. Qui sotto le coordinate bancarie indicate per sostenere le spse. 

IBAN: IT67J0308301610000000018331
Numero Conto: 00018331 - Intestatario: CANESSA GABRIELE
Banca: UBI Banca Private Investment

Ceraolo: "Sistema colpisce chi fa lavoro sociale e sindacale" 

Di seguito riportiamo integralmente il contenuto del post di Giovanni Ceraolo a commento della sentenza della corte di Cassazione. Nelle pagine successive gli interventi di Potere al popolo e di Livorno non si piega. 

"Venerdì mattina mi è stato notificato "l'ordine di esecuzione per la carcerazione" relativo ad una condanna ormai diventata definitiva. Nove anni fa partecipai ad una contestazione pacifica contro un comizio dell'allora segretario del PD Bersani. Eravamo in piena fase di austerity con il Governo Monti e la Ministra Fornero. I lavoratori e le lavoratrici presenti furono caricati selvaggiamente dalla polizia in assetto antisommossa con diversi feriti.

Il giorno successivo stessa storia. Presidio in zona pedonale, arrivano camionette su camionette della celere. Si presenta un funzionario visibilmente fuori di sè (abbiamo poi scoperto essere lo stesso delle cariche ai lavoratori AST di Terni e degli sfrattati dal presidio di Piazza Indipendenza a Roma nel 2017). Anche in quell'occasione violente cariche, decine di feriti anche tra i passanti.

Il giorno ancora successivo Livorno risponde compatta. La foto che ho pubblicato qui sotto ne è la dimostrazione. Migliaia di lavoratori e lavoratrici scendono in piazza spontaneamente in difesa della libertà di manifestare, a fianco degli attivisti e delle attiviste e contro la violenza della Questura Livornese. Anche quel giorno ci furono provocazioni inaccettabili e la piazza, ancora una volta, rispose con determinazione di fronte al palazzo della Prefettura.

Sono stato condannato principalmente perchè sarei, a loro avviso, il responsabile morale di quei fatti. Non ho tirato sassi nè transenne ma per loro è lo stesso. 

Secondo il Tribunale devo scontare 2 anni, 6 mesi e 20 giorni. Ho la possibilità di chiedere delle misure alternative al carcere e ovviamente lo farò. Sarà il Giudice di Sorveglianza a dover accettare o meno questa richiesta.
Insieme a me oltre 20 attivistə. In 4 con condanne superiori alla sospenzione condizionale della pena come me.
Oltre 80 mila euro tra risarcimenti e ammende. 

Non stiamo qui a lamentarci, sia chiaro. Certo fa riflettere. I responsabili di stragi come quella di Viareggio non hanno mai ricevuto e probabilmente non riceveranno mai una raccomandata come quella in foto. Quelli che hanno "assassinato" Lorenzo e Nunzio al Costiero Neri vanno avanti tra rinvii e prescrizioni e dormono sonni tranquilli.  Tra qualche giorno sarà il ventennale del G8 di Genova. Ha pagato qualcuno tra i responsabili dell'ordine pubblico?

Viviamo in un sistema che "premia" questi personaggi facendogli capire che possono continuare a fare ciò che vogliono e contemporaneamente colpisce chi prova a mettere in discussione la realtà esistente. Chi fa lavoro sociale e chi fa sindacato. Si perchè tra di noi ci sono anche sindacalisti. Non quelli con il culo incollato alle poltrone che firmano i peggiori accordi sulle spalle dei lavoratori. Ma persone oneste che credono in ciò che fanno e sono disposte a pagarne le conseguenze. Era così 100 o 50 anni fa ed è così anche adesso.

Ci vediamo lunedì mattina di fronte ai piazzali della Bertani Logistica. Azienda che ha licenziato l'ennesimo operaio in appalto. Ci vediamo di fronte ai cancelli della GKM di Firenze. Non si molla di un centimetro. Ps: sarebbe cosa buona e giusta contribuire alle spese. Sono oltre 80 mila euro e ad un compagno è già iniziato l'iter per il pignoramento della prima casa.  Potete farlo a questo link https://www.gofundme.com/f/effetto-refugio...
Oppure tramite bonifico"

Potere al popolo: "Assurde condanne, volontà specifica di colpire certe aree politiche"

Di seguito riportiamo integralmente:il comunicato di Potere al Popolo

"Sono state incredibilmente confermate in forma definitiva le condanne nei confronti di oltre 20 compagne e compagni in relazione alle tre giornate che, tra il 30 novembre ed il 2 Dicembre 2012, scandirono l'atmosfera politica livornese.

Ci riferiamo alle giornate culminate con quello che nel pensiero metafisico poliziesco e giudiziario viene definito "l'assalto alla prefettura", fatto che dimostra piuttosto esplicitamente una certa volontà di separare cause, effetti e conseguenze.

I fatti di cui parliamo pongono le proprie radici nel 30 novembre, giorno nel quale si assistette ad una protesta totalmente pacifica presso la stazione marittima durante un comizio pubblico del Partito Democratico; la presenza di meccanismi e forme di contrasto nei confronti del marketing politico portato avanti in città dal partito al potere che sosteneva il governo Monti, fu considerato evidentemente inaccettabile, pur dinnanzi ad una protesta completamente pacifica.

Gli eventi successivi furono totalmente fuori luogo; cariche assolutamente immotivate e violenza ingiustificabile costituirono lo sfondo di questo episodio. Il resto delinea un quadro contraddittorio, preoccupante e sinceramente malsano per la vita democratica; il primo Novembre fu indetto, dalle realtà politiche e sindacali cittadine, un presidio molto partecipato con lo scopo di contestare e criticare le decisioni della questura, la quale decise, sulla scia della storia dettata da Bava Beccaris, di reprimere nuovamente il dissenso, in questo caso agendo al termine del presidio, quando oramai una discreta quantità di persone non erano più presenti.

Il giorno seguente fu convocata una manifestazione aperta a tutta la cittadinanza che ruppe gli argini della semplice protesta per diventare un episodio/fenomeno di massa, all'interno del quale diverse migliaia di livornesi espressero il loro rifiuto per gli attacchi polizieschi visti nei giorni precedenti, in favore della libertà di dissenso, troppe volte stigmatizzata, limitata e ridimensionata in questo paese.

Alcuni condannati appartengono al nostro collettivo, molti altri all' Ex Caserma Occupata, segno evidente di una volontà di colpire una specifica area politica cittadina a fronte di migliaia di partecipanti.

La volontà politica di repressione è evidente: in questi giorni è arrivato l'ordine di carcerazione per alcuni compagni, tra i quali Giovanni Ceraolo, ex coordinatore nazionale per Potere al Popolo e nostro candidato alle ultime elezioni politiche per la Camera, e da sempre impegnato a livello sociale, sindacale e politico in città e a livello nazionale dove ultimamente sta sostenendo le lotte dei portuali italiani.

Quello che colpisce non è solo la repressione a livello penale, ma anche quella economica. La sentenza parla di quasi 80 mila euro di spese imposte dalla corte di Cassazione che ha ritenuto immotivati i ricorsi degli imputati nonostante il parere favorevole della stessa accusa!

Su questo torneremo all'uscita delle motivazioni, ma intanto non possiamo che denunciare il fatto che un giudice non presente nel collegio e che non ha ascoltato le udienze di appello ha emesso e firmato la sentenza: in pratica chi ha emesso la sentenza, non ha ascoltato l'arringa della difesa; come se non bastasse, la Corte di Appello si è "dimenticata" di rispondere alle richieste poste dagli avvocati della difesa in merito ai risarcimenti.

La stessa accusa ha dato ragione alla difesa su questi temi, ma per i giudici della Cassazione tutto questo è parso regolare, e anzi meritevole di oltre 50 mila euro di multa per la sola volontà degli imputati di presentare ricorso.

La sentenza non rispecchia minimamente un sistema giudiziario indipendente e democratico, ma è più simile a quei sistemi controllati dalla politica che vogliono reprimere ogni voce di dissenso aggirando anche il diritto ad un processo equo.

Da parte nostra la totale solidarietà a tutte e tutti le/gli imputati, e la richiesta a chiunque, di dare un contributo economico di solidarietà per le spese processuali di quasi 80 mila euro a cui i compagni livornesi sono stati condannati".

'Livorno non si piega' attacca: "Compagni e attivisti individuati chirurgicamente"

Di seguito riportiamo integralmente il comunicato di 'Livorno non si piega!', sigla che raccoglie le varie realtà politiche, sindacali e sociali

"Sono passati quasi 9 anni da quando il 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012 la città di Livorno visse tre giorni di vera e propria "follia". Tre giorni di provocazioni e violente cariche da parte della Polizia in assetto antisommossa con diversi feriti.

Tutto iniziò da una semplice contestazione pacifica durante un comizio del Partito Democratico alla stazione marittima il 30 novembre. In quell'occasione ci furono diverse cariche a freddo contro i manifestanti.

Il giorno successivo, 1 dicembre, manifestando con un presidio itinerante nel centro della città, varie realtà politiche sociali e sindacali denunciarono le cariche della sera prima, con interventi al megafono. Al termine del presidio, proprio mentre al megafono veniva annunciata la conclusione della manifestazione, i funzionari della questura fecero schierare polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Dopo aver minacciato i manifestanti venne ordinata senza alcun preavviso una carica illegittima e indiscriminata che attraversò metà piazza, colpendo ripetutamente anche con le radio tutte le persone che si trovavano là, una violenza in cui si trovarono coinvolte anche passanti e persone che si erano fermate ad ascoltare gli interventi. Questa grave prepotenza della polizia, in una delle principali piazza del centro, nel pieno del passeggio del sabato, provocò fin da subito una grande indignazione in città. E molte persone già dopo la carica si fermarono per esprimere il proprio sostegno ai manifestanti.

Per il giorno successivo, domenica 2 dicembre fu immediatamente convocata una manifestazione contro la violenza della polizia. Una grande manifestazione di massa fu la risposta della città e impedì il susseguirsi di altre violenze. Una manifestazione che dimostrò, ancora una volta, come questa città non sia disposta ad accettare le prepotenze di chi vuole impedire con la violenza la libertà di espressione e di manifestazione, di chi in quella occasione fece di tutto per provocare disordini così come durante il cosiddetto "assalto alla Prefettura"

Per quei fatti oltre 20 attivisti e attiviste andarono a processo. Individuati "chirurgicamente" tra gli appartenenti a strutture politiche e sindacali e accusati anche di responsabilità morale.

A distanza di 9 anni si sono conclusi i tre gradi di giudizio e le condanne sono diventate definitive. La stessa giustizia che assolve gli assassini della strage di Viareggio così come i responsabili di centinaia di omicidi sul lavoro ma che non ha scrupoli a colpire attivisti*e sindacalist* da anni impegnati in lotte sociali a fianco di migliaia di cittadini e lavoratori in difficoltà. Alcuni di loro giovanissimi all'epoca dei fatti.

Le condanne comminate sono molto pesanti. La Cassazione, confermando una prassi ormai consolidata in questi e in altri casi, ha deciso di considerare inammissibile in ricorso presentato dagli avvocati. Tutto ciò nonostante vi fossero gravi irregolarità procedurali nella sentenza di appello. 5 attivisti rischiano materialmente il carcere nei prossimi mesi. Tra risarcimenti e ammende in 20 dovranno pagare quasi centomila euro. Ad uno degli imputati è già stato notificato il pignoramento della prima casa.

Consideriamo questa sentenza un fatto gravissimo. Una sentenza politica per punire chi ha affermato la libertà di manifestazione. Una vendetta inutile, che non è riuscita a bloccare le lotte sociali e il radicamento nel tessuto cittadino di chi con la propria attività ha costruito e continua a costruire una reale opposizione sociale, a fianco di tutte le lavoratrici, i lavoratori, i soggetti in difficoltà, contro la marginalizzazione e lo sfruttamento, contro il saccheggio del territorio. Proprio per sostenere questo impegno costante, che non si è mai fermato né con la repressione né con la pandemia, c'è bisogno di solidarietà. Per questo chiediamo di sostenere anche economicamente, oltre che politicamente, le compagne e i compagni colpiti dalla repressione attraverso un contributo di sostegno alle ingenti spese legali".


Si parla di